27
Ott

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Oltre le etichette: studenti fuoricorso

Per definizione, lo studente fuoricorso è colui che rimane indietro rispetto al normale progresso accademico previsto per il suo corso di studi. In Italia sono circa 700000, e tra questi tanti iscritti al Poli: se non sei tu, sicuramente conosci qualcuno che ha più di uno o due esami da recuperare, compresa la sottoscritta. 

Al liceo ero una secchiona, non del genere topo da biblioteca, ma ne ho passate di nottate sui libri. Quando mi è capitato di ribeccare i miei ex compagni, immaginate l’espressione a metà tra l’incredulità e il pentimento dopo essersi resi conto di aver toccato un tema scomodo, presupponendo un senso di vergogna nello spiegare che sei al terzo anno di triennale, ma ti laureerai al prossimo. Parte la corsa alla giustificazione più credibile per scampare dalla messa in discussione del tuo quoziente intellettivo. 

Essere fuoricorso rappresenta un vero e proprio status sociale, quello che se interpretassimo la scala gerarchica di tipo accademico come un’aula universitaria, occuperebbe la sedia scassata, perché quello si merita. 

La retorica del successo, se mal intesa e promossa, mette in dubbio se stessi e le proprie scelte -tipo “e se quello che volessi fare non coincidesse con ciò che sono capace di fare?”- in una maniera tossica e poco costruttiva: no, leggere un articolo che premia un neolaureato in tempi record e che, siamo sinceri, non ha dimostrato alcun genio rivoluzionario, non motiva. E menomale, altrimenti la sfida starebbe nel salire in alto in classifica per superare qualcuno di cui non conosciamo la storia ma solo il voto, annebbiando quello che è il vero obiettivo personale, ovvero trovare la propria strada, un equilibrio, un metodo, allineato alle nostre passioni. 

Non fraintendete il mio discorso, leggermente provocatorio: il problema non sono gli studenti meritevoli, ma il racconto che si fa dei loro meriti, talvolta fuorviante. Le eccessive aspettative possono spingere gli studenti a un ciclo di procrastinazione e auto-sabotaggio, condite con ansia e stress. 

Occorre spostare l’attenzione dalla quantità di tempo impiegato al conseguimento della laurea alla qualità: e se quell’anno o più di stallo diventasse un’opportunità? 

Opportunità per mettere in ordine la propria vita, capire come coltivare i propri interessi, intraprendere un percorso psicologico, viaggiare, fare un’esperienza lavorativa così da fatturare un po’, conoscere, buttarsi, dentro e fuori dall’uni.

A proposito, lo sapevate che il Polimi offre laboratori di mindfulness? Si tratta di un progetto che si innesta sul Pnrr e sull’ecosistema Musa, in collaborazione con PoliPsi, centrato sul confronto e sostegno nell’affrontare le sfide personali e accademiche. 

Reminder: l’auto-scoperta e crescita interiore e professionale non hanno una tabella di marcia fissa. Se vi sembra una frase pescata da un cioccolatino Bacio Perugina, ve la pongo in altri termini: solo alle statistiche importa della vostra media accademica; e se noi fuoricorso siamo così tanti, si spera che quell’indicatore numerico diventi il motivo per un cambiamento sociale. 

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